ON THE ROAD, AGAIN
di Monica Simionato
Dopo parecchi
anni riprendo Yoga. Davvero molti. Tra il primo incontro (a sedici anni) e
l’ultimo di pochi giorni fa, il corso pre e post parto.
Ma perché
parlarne, qui, nel Blog collettivo di Amazzone o Penelope? Forse questi sei
anni di lavoro sul progetto sono stati anche una sorta di pratica. Un percorso,
ancora in corso, di affinamenti, apertura di sguardo, creatività, divertimento,
piacere e fatica di imparare insieme.
Perseguire
una meta comune, che fondamentalmente è di tipo conoscitivo, esplorativo e di
ricerca non è mai facile e contiene in sé, per la mia esperienza, anche un
termine desueto e così importante nelle pratiche yogiche: disciplina. Una
strada che insegna, oltre al fare (o attraverso il fare) l’essere.
Lo Yoga non è
una religione, né un’ideologia o uno
sport, è una Via, una pratica spirituale.
La
parola Yoga deriva dalla radice sanscrita «Yug»
che significa unire, legare assieme, soggiogare, connettere, dirigere e
concentrare l'attenzione, usare ed applicare. Significa anche unione o
comunione, ed è la vera unione della nostra volontà con quella superiore, di
secondo livello, di Dio.
Sono sempre più propensa a pensare, abbastanza in sintonia
con la filosofia indiana tradizionale, che anche il corpo possegga una forma di
pensiero. Allora i movimenti, i gesti sono, in un certo senso, le parole del
corpo.
Pensieri sparsi seguiti ai movimenti di allungamento che la
nuova insegnante, Rita, proponeva agli arti, al collo, ai muscoli della
schiena, dell’addome e del petto. Come se il corpo ci dicesse che sì, è
possibile “andare oltre”, anche sostando nel qui ed ora, anche se un po’
scomodo (ma mai forzato, insiste la maestra).
Questa espansione non è solo fisica e, proprio sul piano
simbolico, credo sia possibile il collegamento con una peculiarità del progetto
Amazzone o Penelope che non si dà come obiettivo esprimere giudizi sui singoli
fenomeni legati al femminile ma, piuttosto, esplorarli collocandoli in un
orizzonte più ampio.
Rendendo così possibile anche quel dialogo tra modelli “opposti” che è già insito nel nome del progetto e nell’apertura di quasi tutti i nostri eventi: lo sguardo di Amazzone con quello di Penelope.
Rendendo così possibile anche quel dialogo tra modelli “opposti” che è già insito nel nome del progetto e nell’apertura di quasi tutti i nostri eventi: lo sguardo di Amazzone con quello di Penelope.
In questo senso è una pratica e una disciplina, perché servono
costanza, riposizionamenti, cambi di forma, equilibri ed equilibrismi.
Andare oltre…alle dicotomie, riconoscendole, è una bella
sfida. Forse non è un caso che una delle immagini che hanno accompagnato la
prima conferenza sia stata quella di Elastigirl, insieme alla Dea Kalì.
Un ringraziamento
speciale a Piera Giavarini, che la prima Maestra di Yoga non si scorda mai, per quello
che mi ha insegnato senza bisogno di troppe parole e Silvia Ornaghi per il lavoro
sulle immagini archetipiche del pantheon induista.
Bello Monica! Non potrei non condividere e mi piace molto il modo in cui hai intrecciato esperienze e differenze.
RispondiEliminaGrazie Irene, la focalizzazione su fenomeni e sguardo aperto si è chiarita grazie a te... in uno degli scambi progettuali.
RispondiEliminaAperture e allungamenti possibili!