I legami tra madre e figlia nei racconti delle nascite







di Luigina Marone

Credo che i racconti di vita tra due persone, e in particolare tra madre e figlia, portino con se' la possibilità di costruire legami affettivi. Chissà se è proprio così? E’ per me un pensiero ancora in fase di approfondimento! Voi cosa ne pensate?

Come dice James Hillman in Fuochi blu "Abbiamo bisogno di riconoscere l’aspetto angelico della parola, di riconoscere le parole come portatrici autonome di anima tra una persona e l’altra".

Del mio annuncio di vita mia mamma disse "non ti aspettavamo". Quando lo diceva ed io ero piccola,ci rimanevo sempre un po' male, come se fosse amaro sentirlo. Credo che ognuno di noi vuol sentirsi dire che e' stato desiderato e atteso. In effetti mia sorella aveva solo 5 mesi quando mia mamma e' rimasta incinta di me e sono la quinta figlia. Crescendo ho compreso bene quelle parole "non ti aspettavo" e ne ho dato il giusto peso, comprendendo a fondo un dato di realtà che trovo accettabilissimo. Povera donna, una prova ulteriore!

A bilanciare questa notizia inattesa c'è stata la storia della mia nascita, narrata in diverse occasioni, in presenza sopratutto di una vicina di casa, che aveva condiviso con mia mamma tutto il trambusto e le preoccupazioni dei primi giorni e dei primissimi mesi della mia vita. Dei cinque figli sono la prima ad essere nata in ospedale, i primi quattro sono nati tutti in casa, con l'aiuto della levatrice e mia mamma dice che e' stata la mia fortuna. Appena nata ho avuto una emorragia che non si fermava e così sono stata trasferita da Treviglio con urgenza all'ospedale di Bergamo. Siccome non si sapeva se sarei sopravvissuta, il prete con mia mamma decisero di battezzarmi per darmi almeno un nome e "salvarmi l'anima". Il nome scelto fu Giuseppina.

Sono rimasta ricoverata in ospedale per un lungo periodo e mia mamma riusciva a farmi visita e rimanere con me solo alcune ore e in alcuni giorni. Ricorda come la impressionavano gli aghi che avevo ovunque nel corpo con diversi tubicini che mi alimentavano con sangue e cibo, sopratutto la disturbava quello che vedeva in testa.
Il suo tono di voce di solito cambiava quando raccontava del mio ritorno a casa e delle cure che finalmente poteva darmi, sia nell'accogliere quel corpicino magro, a suo dire ero come una rana rinsecchita con i talloni dei piedi rotti e rovinati dallo sgambettare sulle lenzuola, sia nel nutrirmi quando ne avevo quella necessità che esprimevo a distanza di poco tempo tra un pasto e l’altro, con un pianto deciso.

Il racconto pubblico ricordo che un po' mi imbarazzava perché mi sentivo al centro dell'attenzione ma, nello stesso tempo, l'essere considerata mi comunicava tanto calore avvolgente derivato dalla narrazione e dai toni del ricordo. Pensando a quei momenti di "intimità pubblica" mi viene ancora da sorridere.

Avendo fatto un battesimo di fortuna, una volta "salva" mi è stato dato un secondo battesimo e un altro nome, Luigina, quello della sorella di mio papà, che a volte penso abbia portato in sé anche l'eredita del loro legame di fratelli.

Quel ricovero imprevisto ha lasciato segni importanti nel nostro rapporto di madre e figlia e, quando ormai ero grande, un giorno mi mamma mi ha confessato che per molto tempo ha pensato che forse in ospedale mi avevano scambiato con un altra bambina, mentre la sua vera figlia era finita in un’altra famiglia. Poi, la somiglianza tra noi due ultime sorelle l'ha aiutata a cogliere la vera familiarità di due gocce d'acqua e questo le ha consentito di superare quel senso di estraneità dovuto molto probabilmente a quella lontananza dei primi giorni dalla mia nascita con l'interruzione precoce di quel legame che nei primi giorni è così importante da vivere, anche attraverso il contatto corporeo reciproco.

A volte gli annunci sono così ma, nel corso della vita, riservano sorprese e meraviglie inattese.

Commenti

  1. Ieri sera, rileggendo la storia con mia mamma ha corretto alcune cose e aggiunto particolari preziosi:

    "È'stato mio papà ad accompagnarmi all'ospedale di Bergamo. A quesi tempi non c'era la croce rossa e le ambulanze....
    Ha chiesto aiuto al fratello che gli ha inviato a destinazione un taxi. per solidarietà Presami in consegna all'ospedale vecchio di Caravaggio si è' occupato del mio trasferimento, tornando poi a casa molto dopo a piedi, riferendo a mia mamma tutta la sua preoccupazione è fiducia nella parola speriamo !! "
    Anche lui ha avuto una parte importante nell'annuncio.

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