In nome della cura




di Luigina Marone

La cura di mio papà allettato, negli ultimi dieci anni della sua vita, e' stato un periodo molto difficile per me, un impegno continuo da conciliare con il lavoro e la mia vita. Eppure si è rivelato anche intenso di emozioni, facendomi assaporare alcune dimensioni della vita che, solo quando sei in difficoltà e a contatto con alcune situazioni difficili del vivere, puoi provare a pelle. La cura così continua mi ha permesso anche di rinsaldare il legame con mio papà e con le altre donne di famiglia, mamma e sorelle, con cui si è costruita un'"alleanza di cura"!

Dopo circa vent'anni che ero via da casa e' stato come un ritornare in famiglia e ne ho trattenuti segni preziosi.
Il calendario mensile che preparavo e stampavo ogni mese, una copia per ognuna di noi, con la registrazione delle presenze di noi sorelle in orari e giorni diversi, per garantire a mia mamma, in ogni momento, un supporto alla cura di papà

Il viso di mio padre, che quando arrivavo sorrideva con gli occhi oppure comunicava chiusure a partire dalle quali iniziavo a tessere un dialogo di accoglienza o di contrattazione orientato a lasciar andare i malumori

Le sue proteste,  molto accese soprattutto  nei primi anni di malattia e di allettamento, quasi a non volersi arrendere a quel destino

La sua tenacia e il suo amore sino all'ultimo, anche quando mangiava oramai solo dalla siringa, non ha mai dato segni di resa. Quasi non volesse lasciarci così presto! 

Il suo esserci che percepivo dalla forza di stare in ogni momento, anche mettendosi nelle mani altrui, con fiducia e tanta pazienza.

Le uscite serali, tra noi donne di casa, anche solo per mangiare una pizza insieme. Un rito che risultava come una cura reciproca per riprendere il filo dei discorsi e il fiato, nel rinsaldare le nostre relazioni e permetterci di andare oltre le piccole incomprensioni che la cura dell'altro portano quasi sempre.

Il senso di liberazione quando è morto e nello stesso tempo il senso di mancanza di quelle cure, così a lungo offerte per la sua sopravvivenza. Gesti d'amore dati e ricevuti che, chissà poi perché, hanno portato con se’ una forma di dipendenza, che a volte ho sentito di non sopportare e  altre ha asciato un vuoto con cui fare i conti....

Il suo funerale, la catena creata dietro al feretro, mano nella mano di noi tutti, mamma, sorelle e nipoti. Un segno di unione, stretti gli uni agli altri, proprio per sentirci tra noi, pelle a pelle, con una forte vicinanza che dava forza, per l’ultimo saluto.

Alcuni gesti di cura di quando ero piccola. Ti salivo in braccio alla sera quando tornavi a casa tardi e stanco dal lavoro e, mentre tu mangiavi, assaggiavo quello che avevi nel piatto solo per avere le tue attenzioni.

La cura dell'orto fatta insieme durante l'estate, momenti di fatica e di complicità, che ci facevano sentire appartenenti l'uno all'altro e allo stesso mondo.

Sempre, ogni giorno,  che sei il mio papà!








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