Il diritto di parola. Narrazioni di richieste di aiuto


a cura di Luigina Marone

La richiesta d'aiuto

Il primo post racconta il culmine di fronte al clima di violenza ripetuta che, a volte, ponendo a rischio la propria vita e quella dei propri famigliari, ad un certo punto, fa dire adesso basta!


Una svolta importante e un momento fondamentale di risveglio del diritto di dare voce a ciò che si prova, rivendicando il rispetto di sé.


"Ho avuto tanta paura per le mie figlie e quindi piangendo sono corsa dai carabinieri di zona … sono tornata con loro e abbiamo trovato le mie figlie abbracciate sotto il letto con la stanza chiusa a chiave… erano terrorizzate e piangevano. I carabinieri hanno impiegato un’ora a farle uscire. In quel momento ho deciso che le mie figlie non dovevano subire più quelle cose… io potevo anche morire perché intanto non interessava a nessuno ma le mie figlie… mi sono ripromessa di dare loro un futuro diverso. Non sapevo che cosa sarebbe successo di me e delle mie figlie… mi parlavano di comunità ma non sapevo che cosa fosse… "


A volte questo urlo accolto, ha un seguito di aiuti con diverse sfaccettature e non fermandosi  alla denuncia, permette di iniziare un lungo cammino per ritrovare sé stesse, la propria storia e la propria vita. È così che queste donne possono incontrare compagne di viaggio capaci di accogliere e interpretare le loro parole dense di tante emozioni forti e, sopratutto, i loro intensi silenzi.


Le prime voci raccolte dagli operatori


Alcuni operatori del Centro antiviolenza raccontano.


"Quando arriva una donna sappiamo che la prima cosa che le dobbiamo è il silenzio.  Ci sediamo in una delle due stanze che abbiamo a disposizione ed aspettiamo. A volte nel giro di pochissimo franano giù centinaia di parole, a volte ne esce una alla volta e ci accorgiamo della fatica immensa che costa lo spingerle fuori."


Ci sono state donne che si sono prese cura di noi, ci hanno raccomandato, non lasciate che vi accada mai, perché sapete, ci ha detto Diana, se ne stacca un pezzo alla volta. Ci sono state volte in cui ci hanno insegnato, dice Munia che mi è rimasto solo un pezzo piccolo piccolo di rispetto di me, se lo lascio andare, nessuno mai potrà più rispettarmi


Ci sono state volte in cui ci hanno ringraziato, ci ha detto Roberta, la scorsa settimana …mio marito non deve assolutamente sapere che sono venuta qui, al centro, e poi, scherzando ha aggiunto … nella rubrica del mio cellulare, per camuffare il numero, vi ho chiamato Speranza!


Donne che ci hanno impietrito, come Flavia quando ci ha sussurrato … Ma io lo devo ringraziare perché mi ha lasciata viva...


Parole che ci hanno fatto toccare la loro paura. Dice Carla, Io lo capisco, lo capisce anche mio figlio, lo capisco dai suoi occhi, lo capisco dal colore degli occhi, cambiano, sono diversi, quando i suoi occhi  cambiano così, allora capisco che sta per esplodere la rabbia e posso solo cercare di diventare trasparente, impercettibile


E ancora, volte in cui la paura ci è arrivata fino in fondo allo stomaco, veicolata dalle parole di Laura … Non ho paura di morire, ho paura di vivere nel terrore di morire


Incontri delicatissimi, che garantiscono a queste donne il diritto di esistere così come sono, con il diritto di parola, che le aiuterà a raccogliere i cocci per provare a costruire qualcosa di nuovo!


Grazie a loro tutte che, attraverso i loro racconti, ce ne hanno fatto dono.


(Continua …)


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